SERATE CON L’AUTORE 2017 – Resoconto

“Alpi di guerra, Alpi di pace” il libro di Stefano Ardito, giornalista e documentarista esperto di montagna, è stato presentato nella prima “Serata con l’autore 2017” a Villa Poli di San Pietro di Cadore. Rispondendo alle domande di Orazio Longo, l’autore ha illustrato la Grande Guerra, con riferimenti acuti e interessanti, partendo dal presupposto che quell’evento, pur così tragico, fu il primo vero “collante” dell’unità nazionale. Giovani di tutte le regioni con lingue, storie, culture estremamente diverse si ritrovarono fianco a fianco, uniti da una esperienza complessa e terribile. D’altro canto l’epopea della vittoria, quasi inaspettata dopo la disfatta di Caporetto, è entrata nella cultura popolare, come già accadde per il Risorgimento, e se ne trova traccia nella toponomastica di piazze e vie di città e paesi italiani. Eppure il vero senso del sacrificio e della perdita si può cogliere solo pensando alle mille tragedie familiari fatte di madri e di padri, di mogli, di fidanzate, cui prima o poi venne comunicata la morte del loro caro. Ardito ha poi illustrato il paradosso di una guerra in montagna, tanto dura e sanguinosa, quanto sostanzialmente “inutile”. I destini del conflitto non dipesero mai dalle battaglie sulle Alpi, anche se gli storici concordano che proprio nei primi giorni del conflitto un attacco deciso all’Impero austro-ungarico, sul fronte nord, avrebbe potuto dare risultati militari molto importanti per l’Italia e per il futuro della guerra. Purtroppo l’insipienza e l’impreparazione degli alti comandi dell’esercito italiano è un altro degli elementi che contribuirono ad aumentare le perdite umane nel conflitto. Come Ardito ha evidenziato, oggi, mentre le trincee del Fronte occidentale e del Carso sono state riassorbite in un paesaggio di pace, le Alpi centrali e orientali sono diventate un grande museo all’aria aperta, percorso ogni anno da decine di migliaia di turisti, escursionisti e alpinisti. Ma esplorare trincee, bunker, musei e gallerie non basta. Per capire la tempesta che ha sconvolto tra il 1915 e il 1918 le Alpi occorre conoscere gli eventi, i loro protagonisti e le loro passioni, il mondo che li circondava. Il libro di Stefano Ardito racconta diciassette episodi del conflitto e permette di emozionarsi e di capire. Perché comprendere il passato serve a costruire un’Europa di pace.

Altro tema ed altro autore per la seconda serata del 12 maggio, ospitata al Museo Algudnei di Dosoledo. La scrittrice vicentina Mariapia Veladiano ha presentato il suo romanzo “Una storia quasi perfetta” (Guanda). La storia ruota sul rapporto uomo-donna, ove la figura del primo si incarna nel “seduttore” cinico e calcolatore e Bianca, la protagonista trentenne autonoma e volitiva, già vittima di una esperienza analoga in gioventù – con un figlio che ha cresciuto da sola – ci ricade per un equivoco artistico-sentimentale. La trama diventa motivo per parlare dei ruoli prefissati in una società legata ancora a schemi e stereotipi inculcati fin da piccoli in bambini e bambine. L’autrice, forte della sua esperienza nel mondo della scuola – a lungo docente, ora è preside di un istituto artistico -, ha portato esempi concreti di come la cultura prevalente tenda a rappresentare sempre allo stesso modo i ruoli maschili e femminili. Altro grande tema presente in Veladiano è il rifiuto della paura che paralizza, che inibisce l’azione (“La paura si prende tutta la vita e se non si sa cosa fare della propria vita, la paura è perfetta. La riempie di sé.
Ma che vita è?”) e l’elogio invece, dell’azione, che rappresenta sempre e comunque un nuovo inizio, aperto a infinite e impreviste possibilità, anche di felicità. In particolare quell’atto per eccellenza che è la nascita, il far nascere. E così Bianca accetta di tenere il figlio avuto da un uomo che l’ha “lasciata cadere”.
Infine Mariapia Veladiano ha parlato del suo interesse per la teologia – è laureata in filosofia e teologia e collabora con “Avvenire” –: pur rimanendo fuori dal mondo “militante” delle associazioni e della Chiesa, cerca di trasmettere il valore della fede nelle sue opere. In questo senso è significativo il suo secondo libro “Il tempo è un dio breve”, dove propone, attraverso le vicende di una madre e di un figlio, un’intensa meditazione su Dio e il dolore.

Il terzo appuntamento delle Serate con l’autore ha trattato un tema spesso dimenticato: la colonizzazione italiana dell’Etiopia. In collaborazione con il Caffè letterario nella Sala della Regola di Campolongo, Gabriella Ghermandi ha raccontato, letto e recitato brani del suo romanzo Regina di fiori e di perle (Donzelli Editore, 2007). Italo-etiope, nata ad Addis Abeba nel 1965 e trasferita in Italia nel 1979, da parecchi anni vive a Bologna, città di origine del padre. Seguendo l’arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope, scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia che in Svizzera, dove conduce anche laboratori di scrittura creativa nelle scuole sulla ricerca della “identità unica di ciascun individuo” da contrapporre alle “identità collettive” come percorso di pace.
Nella prima parte della serata Ghermandi ha ricordato e raccontato al pubblico la cornice storica della colonizzazione italiana in Etiopia, sottolineando il contrasto tra il diffuso modo di dire “italiani brava gente” e la realtà dei fatti, dove i generali fascisti, tra cui Graziani, non risparmiarono al popolo etiope crudeltà di ogni tipo, pur di accaparrarsi “un posto al sole” e un angolo di Africa, quale possedimento coloniale dell’impero. La panoramica storico-politica è arrivata fino agli anni della Guerra fredda e poi ai giorni nostri: Ghermandi ha riferito della situazione etiope attuale e dei mancati rapporti culturali tra l’ex colonia e l’Italia, a differenza di altri paesi europei. Incalzata dalle domande di Orazio Longo ha poi raccontato la storia della sua famiglia, dal matrimonio nascosto di suo nonno, militare italiano, con sua nonna, ragazza etiope, all’educazione di sua madre all’italiana nel collegio delle suore ad Addis Abeba, al suo spaesamento di ragazzina trapiantata dall’Etiopia a Bologna. Storia personale e ufficiale si sono poi fuse nel recital: quasi a cesura delle due parti della serata Gabriella Ghermandi ha indossato un abito etiope rosso ed ha cominciato a recitare alcuni brani dal suo romanzo, intervallando la lettura con narrazioni e canti etiopi. La sua bella voce ha incantato il pubblico, toccato dalle vicende dolorose della famiglia, dal contrasto tra colonizzatori e colonizzati e allietato alla fine dal racconto del ritorno della madre della scrittrice al suo paese natale.
Una ventata di ottimismo e di sincero apprezzamento per le qualità dell’Italia e del suo popolo. Maarten van Aalderen, prestigioso giornalista olandese più volte presidente dell’Associazione Stampa Estera a Roma e corrispondente del giornale Der Telegraaf, il maggiore quotidiano d’Olanda, è stato il protagonista dell’ultima Serata con l’autore per l’anno 2017, svoltasi nella sala della Regola di Campolongo per iniziativa della Fondazione Centro Studi Comelico e Sappada e del Caffè Letterario Bar 2000. Intervistato da Orazio Longo, van Aalderen ha presentato l’ultimo libro “Talenti d’Italia”, nel quale illustra ventuno ritratti di giovani italiani (dai 20 ai 30 anni) che si sono affermati in vari campi della vita, senza alcun aiuto o facilitazione. Da Sud a Nord, dalla Sicilia al Piemonte, storie emblematiche e appassionanti che nell’intento dell’autore possono servire anche comestimolo e aiuto per altri giovani che coltivano i propri sogni e le proprie aspirazioni. Il giornalista olandese ha anche ricordato il precedente saggio “Il bello dell’Italia”, ove una quarantina di giornalisti esteri raccontavano cosa piaceva a loro del nostro paese: un’altra galleria di eccellenze che talvolta gli stessi italiani dimenticano. “Non serve parlare di quello che non funziona in Italia” – ha detto van Aalderen – “sono cose ben conosciute; parliamo invece degli aspetti positivi che rendono l’Italia un grande Paese in Europa e nel mondo”. È previsto anche un volume finale che completerà questa “trilogia” dedicata all’Italia da un suo grande estimatore.

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