Il progetto PALÙ

Il progetto PALÙ ha l’obiettivo di contrastare la perdita di biodiversità in atto negli ambienti umidi alpini, salvaguardando e ripristinando torbiere, paludi e pozze nella Provincia di Belluno.

Le zone umide costituiscono un’importante componente della rete ecologica provinciale, poiché sono gli habitat di importanti gruppi di specie (dalle piante acquatiche, agli anfibi, alle libellule), e rappresentano un valore anche per le nostre comunità che beneficiano di acqua pulita, riduzione del rischio idraulico, possibilità turistiche e ricreative.

Il progetto ha selezionato cinque zone umide di interesse nel territorio provinciale, e ha individuato una serie di interventi necessari per il ripristino o la creazione di zone umide, con lo scopo primario di favorire la conservazione dell’importantissima biodiversità di piante e animali da esse ospitate. Sono previste anche attività di studio, monitoraggio, pianificazione e comunicazione.

Il partenariato

L’ente capofila del progetto è l’Università degli Studi di Padova, con il suo dipartimento TESAF (Territorio e Sistemi Agro-Forestali), attivo da decenni nel Bellunese, grazie alla propria sede del Centro Studi per l’Ambiente Alpino di San Vito di Cadore. Gli altri partner operativi sono il  Comune di Borgo Valbelluna, la Fondazione Comelico Dolomiti – Centro Studi Transfrontaliero, la Magnifica Regola di Vigo di Cadore e Laggio con Pinié e Pelos, la Regola Comunione Familiare di Casamazzagno, l’Unione Montana Comelico. Come partner sostenitori sono presenti il Comune di Danta di Cadore e l’Unione Montana Val Belluna.

Il progetto PALÙ è stato finanziato dalla Fondazione Cariverona tramite il Bando Capitale Naturale 2023, ed è operativo dal 01/04/2023 al 31/12/2026.

Le azioni di progetto

Il progetto PALÙ prevede diverse attività, tutte incentrate sul miglioramento della conoscenza e della conservazione delle zone umide bellunesi:
1. Una analisi della biodiversità nelle cinque aree studio, attraverso il monitoraggio di diversi gruppi di specie (vegetazione, anfibi, farfalle, libellule, uccelli); questa attività sarà curata da TESAF: le informazioni raccolte permetteranno di conoscere meglio gli ambienti di interesse e di stabilire correttamente gli interventi e le precauzioni necessari.
2. Uno studio sull’evoluzione delle zone umide del Comelico, basato su analisi della cartografia storica; questa attività sarà curata principalmente dalla Fondazione Comelico Dolomiti – Centro Studi Transfrontaliero: le informazioni ottenute permetteranno di valutare la perdita degli ambienti umidi nel tempo e consentiranno una migliore pianificazione in futuro.
3. La progettazione degli interventi di ripristino per le cinque aree, che sarà affidata da TESAF a professionisti nell’ingegneria ambientale e naturalistica.
4. La realizzazione degli interventi di ripristino e creazione di zone umide, che sarà perlopiù realizzata direttamente dagli altri partner operativi: il Comune di Borgo Valbelluna, la Magnifica Regola di Vigo di Cadore e Laggio con Pinié e Pelos, la Regola Comunione Familiare di Casamazzagno, l’Unione Montana Comelico, con il sostegno del Comune di Danta di Cadore e dell’Unione Montana Val Belluna. Al momento sono previsti la creazione di ambienti riproduttivi per anfibi e libellule, il ripristino dell’assetto idraulico di un biotopo di risorgiva, la conservazione di importanti torbiere, il ripristino di pozze.
5. La preparazione di piani di gestione dei siti e manutenzione delle opere, negli anni successivi alla fine del progetto.
6. La realizzazione di attività di comunicazione e divulgazione delle tematiche di progetto tramite contenuti web, conferenze e cartellonistica, che vedrà impegnati il TESAF e la Fondazione Comelico Dolomiti – Centro Studi Transfrontaliero.

Le aree studio

1. I Laghetti della Rimonta (Bardies di Lentiai, Borgo Valbelluna)

Questo biotopo, alimentato dal torrente Forada e da acque di risorgiva del Piave, comprende due laghetti, diversi canali, canneti, boschi ripariali e palustri, prati umidi. Questa ricchezza di ambienti ne fa uno dei biotopi umidi più interessanti della Valbelluna: ospita numerose specie di uccelli acquatici, anfibi, pesci, insetti. Per queste ragioni fa parte dei biotopi di interesse provinciale e della ZSC IT3230088 (Fiume Piave dai Maserot alle grave di Pederobba). Il sito è stato oggetto in passato di interventi a scopo conservativo e didattico realizzati dall’Unione Montana Val Belluna su mandato dei Comuni di Lentiai e Mel, ora riuniti nel Comune di Borgo Valbelluna. Attualmente, il sistema idraulico presenta dei problemi dovuti all’interrimento e allo spostamento di materiali causati da interventi sulle vicine infrastrutture viarie: i laghetti si prosciugano frequentemente e l’habitat acquatico si è ridotto, molti canali sono ostruiti. Il progetto realizzerà degli interventi di dragaggio dei due bacini, di sistemazione dei canali e la sistemazione di due briglie lungo il canale di sfioro, in modo da ripristinare lo stato originale del biotopo.

2. La pozza d’alpeggio di Praderadego (Mel, Borgo Valbelluna)

Questa pozza si trova nella località Passo di Praderadego (Mel). Si tratta di una pozza d’alpeggio in pessimo stato di conservazione e abbandonata. La pozza di Praderadego è piena di sedimenti, solo sporadicamente allagata, e le sponde realizzate in massicciata non sono adatte a garantire la stabilità morfologica e il mantenimento del bacino nel tempo. Questo ambiente, per la sua posizione geografica e altitudinale, può tornare a essere un sito riproduttivo per diverse specie di anfibi protetti (Triturus carnifex, Pelophylax lessonae, Bombina variegata, Bufotes viridis tra le altre) e di libellule. In tempi recenti, interventi non idonei sulla pozza ne hanno modificato l’aspetto senza assicurarne la funzionalità. Il progetto prevede la sistemazione delle sponde e l’impermeabilizzazione del fondale, in modo da garantire un ambiente riproduttivo idoneo e stabile ad anfibi e libellule. Il Comune è proprietario di numerose altre pozze d’alpeggio che si trovano in uno stato simile a questa pozza, e che potrebbero beneficiare di interventi analoghi.

3. La Palù dal Ciandazè (Coltrondo, Comelico Superiore)

Questo biotopo fa parte del complesso delle Torbiere di Coltrondo, uno dei più importanti a livello regionale. La Palù dal Ciandazè (“Coltrondo 2”), che nella sua estremità occidentale include il Lago dei Rospi, è un sito di torbiera bassa con lembi di molinieto e uno spazio d’acque libere. Si trova nel patrimonio della Regola di Casamazzagno, nel Comune di Comelico Superiore. Fa parte dei biotopi di interesse provinciale e dei siti Natura 2000 ZSC IT3230006 (Val Visdende – Monte Peralba – Quaternà) e ZPS IT3230089 (Dolomiti del Cadore e del Comelico). Il biotopo ospita comunità vegetali interessanti, nonché numerosi anfibi e libellule, tra cui la rara Leucorrhinia dubia. La torbiera è danneggiata da solchi di drenaggio e dall’espansione della copertura arborea. Il laghetto è in buono stato, ma isolato e ombreggiato. Il biotopo beneficerebbe di interventi di riduzione e controllo delle specie arboree negli ambienti prativi e in prossimità del laghetto, della chiusura di alcuni rivoli e solchi di drenaggio e della creazione di una o più piccole pozze che fungano da siti riproduttivi per gli anfibi e le libellule, in corrispondenza dei lembi di vegetazione più degradati.

4. La Val de Ciampo e gli altri biotopi delle torbiere di Danta

Il biotopo delle Torbiere di Danta è uno dei più importanti sistemi di zone umide a livello regionale. Fa parte dei biotopi di interesse provinciale, così come dei siti Natura 2000 ZSC IT3230060 (Torbiere di Danta) e ZPS IT3230089. La torbiera di Val de Ciampo è una torbiera bassa con lembi di torbiera di transizione, che presenta ampi spazi occupati dalla cannuccia di palude (Phragmites australis), specie che tende ad invadere le superfici torbose, soprattutto in condizioni di abbassamento del livello dell’acqua (stress idrico) ed eutrofizzazione. Tutte le torbiere sono attraversate da percorsi su passerelle in modo da limitare l’impatto dei visitatori. Ospitano diverse specie e comunità vegetali rare e di pregio, e costituiscono anche l’habitat di libellule, farfalle e anfibi di interesse anche comunitario. Il sistema di torbiere è stato studiato e ripristinato grazie al progetto LIFE “Salvaguardia e valorizzazione delle torbiere di Danta di Cadore” (2006-2007), e gestito a lungo dal Servizio Forestale di Belluno.
Le torbiere si mostrano complessivamente in buono stato. Si osserva però una recente espansione della copertura arborea e, soprattutto, della cannuccia di palude, a discapito di molti ambienti torbosi o di prato umido, favorita, nel caso di Val di Ciampo, dall’abbassamento della falda dovuto a piccoli solchi di drenaggio. Sono inoltre carenti siti riproduttivi adatti agli anfibi. Inoltre, parte delle passerelle, strumento necessario per ridurre l’impatto dei visitatori in un’area molto frequentata, è in pessimo stato. Il progetto prevede: la rimozione della cannuccia e il controllo della vegetazione arborea nelle aree di proprietà o gestite dal comune, la chiusura di un solco di drenaggio nella parte meridionale di Val di Ciampo e la realizzazione di piccole pozze per gli anfibi nelle aree più degradate, la rinnovazione di parte delle passerelle.

5. Gli ambienti palustri di Casera Razzo (Vigo di Cadore)

Questo biotopo si trova nella zona di Casera Razzo, nel patrimonio della Regola di Vigo. La zona è inclusa nel territorio della ZSC IT3230085 (Comelico – Bosco della Digola – Brentoni – Tudaio) e della ZPS IT3230089, pur non essendo attribuita a nessun habitat protetto. Si tratta di ambienti palustri relativamente degradati, perlopiù occupati da comunità povere di specie a Carex rostrata e Caltha palustris, alternate a spazi con piccoli rivoli e acqua corrente e terminanti, nella parte più orientale, in un laghetto temporaneo alimentato dalle acque di scioglimento nivale. Il sito è pascolato da bestiame e frequentato da turisti. Si trova in una posizione importante, crocevia tra il Cadore e il Friuli, punto di collegamento tra le popolazioni di libellule delle due valli. L’area, pur essendo inserita in due siti Natura 2000, non è gestita a scopo conservativo. Viene utilizzata per il pascolo e l’abbeverata di bovini, il che ha determinato l’impoverimento della vegetazione. Non sono presenti ambienti acquatici stabili, e la fauna di libellule sembra essere limitata a poche specie. Il progetto prevede la realizzazione di una pozza d’alpeggio stabile in una delle aree più degradate dal punto di vista vegetazionale. Ciò permetterebbe di fornire un habitat riproduttivo aggiuntivo e permanente ad anfibi e libellule, riducendo allo stesso tempo la pressione del bestiame sul laghetto temporaneo vicino.

Cosa sono le zone umide?

Per zone umide si intendono gli ecosistemi che presentano un suolo regolarmente allagato o saturo d’acqua, in cui la vegetazione è dominata da specie adattate all’allagamento: comprendono paludi, praterie umide, torbiere, piccoli corpi d’acqua. Si tratta di ambienti relativamente rari nella Provincia di Belluno, caratterizzata perlopiù da pendii e suoli carbonatici che favoriscono il deflusso e il carsismo: in quest’area di grande interesse naturalistico le zone umide possono essere più frequenti in altipiani, fondivalle, valli glaciali, e non mancano esempi di importanza regionale o nazionale. Le tipologie più frequenti nel nostro territorio sono le torbiere, le praterie umide, i corpi d’acqua (pozze e laghetti), comprese le pozze artificiali. Nel corso degli ultimi secoli, moltissimi ambienti umidi sono stati modificati o distrutti: i biotopi rimasti sono, dunque, particolarmente importanti e devono essere tutelati o ripristinati.

I valori delle zone umide

La biodiversità
Le zone umide sono ecosistemi di primaria importanza, poiché ospitano una ricca biodiversità, che comprende spesso specie rare o protette. Tra gli animali annoveriamo molte specie di anfibi, insetti come farfalle, libellule, e altri gruppi (coleotteri, ditteri, emitteri, tricotteri…); tra le piante annoveriamo molti esempi di Cyperaceae (per esempio, le carici e gli eriofori – generi Carex ed Eriophorum, …), orchidee (Dactylorhiza, Epipactis, …), Juncaceae (tra cui i giunchi), ma anche piante carnivore in diversi gruppi (Drosera, Pinguicula, Utricularia). In molti casi, queste specie necessitano delle zone umide almeno per una parte del loro ciclo vitale, oppure sono sempre legate alla presenza di acqua. La scomparsa e l’alterazione di questi ambienti possono avere gravi effetti sulla conservazione di interi gruppi tassonomici, che costituiscono una componente fondamentale della ricchezza e della bellezza naturalistica del territorio.

 

I valori ecosistemici
Le zone umide forniscono importanti servizi e valori ecosistemici, che vanno dalla filtrazione e depurazione delle acque, all’accumulo di acqua durante gli eventi atmosferici intensi (con la riduzione del rischio idraulico), all’immagazzinamento di carbonio (accumulato principalmente sotto forma di biomassa organica indecomposta, nella torba), ai servizi ricreativi, scientifici, culturali, turistici. La tutela delle zone umide è indicata in diversi documenti internazionali tra i più importanti aspetti per la mitigazione del cambiamento climatico, il mantenimento della qualità delle acque e la tutela della vita terrestre e acquatica

La crisi delle zone umide bellunesi

La Provincia di Belluno ospita diversi esempi di ecosistemi di zona umida di importanza regionale o nazionale, spesso riconosciuti come biotopi di importanza provinciale, o inseriti in siti Natura 2000 protetti a livello europeo. Le zone umide bellunesi possono ospitare diverse specie protette di piante, anfibi, uccelli, libellule e farfalle. Questi siti necessitano di intervento poiché, nel complesso, la rete di zone umide della provincia sta attraversando una grave crisi, che si inserisce nella crisi globale delle zone umide, ma che ha una forma specifica in tutte le Alpi.
Le mutazioni socio-economiche degli ultimi due secoli, accompagnate dall’espansione edilizia e infrastrutturale e dall’abbandono delle attività tradizionali, hanno avuto un effetto importante su questi ambienti. La distruzione diretta di molti biotopi, per far posto a edifici o infrastrutture, ha avuto certamente un ruolo di primo piano. Non meno importante è stato il drenaggio di molte torbiere, per ottenere nuove aree di pascolo. Allo stesso tempo, la mancata manutenzione dei pascoli tradizionali e delle pozze d’alpeggio, ha determinato un aumento della copertura forestale e arbustiva (talvolta a discapito di praterie umide e torbiere), e l’isolamento, l’ombreggiamento e il rapido interrimento di molte pozze, causando la scomparsa di siti riproduttivi per gli anfibi. Dove lo sfruttamento a scopo pastorale è rimasto attivo, molti ambienti sono stati sottoposti a calpestio ed eutrofizzazione dovuta all’eccessiva presenza di bestiame. Infine, le Alpi stanno anche subendo gli effetti del cambiamento climatico, che causa un aumento delle temperature medie e un incremento della frequenza e dell’intensità degli eventi metereologici estremi, come la grave siccità del 2022, che possono influenzare la quantità di precipitazioni e minacciare la persistenza stessa degli ambienti umidi, con gravi danni per la biodiversità. Altri fattori (l’eccessiva frequentazione turistica, la modifica dell’assetto idraulico, la presenza di specie invasive o infestanti) possono aver contribuito a danneggiare questi ambienti e la loro biodiversità.

Crediti

Il progetto è finanziato dalla Fondazione Cariverona tramite il Bando Capitale Naturale 2023, ed è operativo dal 01/04/2023 al 31/12/2026. Il valore complessivo del progetto è di € 289.950,00, il finanziamento di Cariverona copre € 230.000,00.

In questo progetto sono coinvolte molte persone…