COMELICO. PARTIRE O RESTARE?

Un interessante studio elaborato da Elena Ferrario per un Master in una Università del Regno Unito, ha focalizzato l’attenzione sull’area del Comelico e Sappada, con circa 200 questionari sottoposti a laureati delle classi dal 1968 al 1988, con dodici interviste specifiche a laureati che sono restati in Comelico o vi sono ritornati, con otto interviste a Sindaci e amministratori del territorio. I risultati della ricerca sono stati presentati in un convegno con tavola rotonda svoltosi a Dosoledo nella sala incontri del Museo Algudnei con il patrocinio della Fondazione Centro Studi Transfrontaliero Comelico e Sappada. E non tutto è così scontato come sembra.

Come ha evidenziato Elena Ferrario, la fuga dei laureati, il cosiddetto “brain-drain”, è uno degli elementi fondamentali che portano allo spopolamento delle aree montane. Eppure esiste anche un “brain-gain” ovvero un recupero di laureati che resta nell’area o vi torna dopo un periodo in altre sedi. Dagli anni ’90 ad oggi si assiste ad un progressivo aumento della percentuale dei laureati del Comelico e Sappada. Oggi se ne contano circa 300.

L’analisi delle risposte date nel questionario alla domanda “perché partire” individua due motivi principali: la carenza di opportunità lavorative idonee e la situazione di isolamento e difficile accessibilità dell’area montana. Ferrario tuttavia scava oltre la superficie e identifica altri fattori che non sempre vengono considerati. Risulta infatti che c’è un pessimismo disinformato che si unisce ad un ambiente demotivante. In altri termini moltissimi laureati che dichiarano la mancanza di offerte di lavoro idonee non hanno mai provato effettivamente a cercare lavoro in Comelico o in aree limitrofe. Inoltre in vari casi anche persone che dovrebbero sostenere la permanenza dei giovani in loco suggeriscono soluzioni diverse come unica strada per una crescita professionale.

Analizzando invece l’altro grande tema della ricerca, “perché restare o tornare”, Ferrario evidenzia tre risposte:

– la qualità della vita legata alla famiglia, agli amici, all’ambiente;

– le radici della propria cultura e tradizione, ovvero il senso di appartenenza alla comunità;

– un lavoro idoneo che può essere svolto nella zona.

I questionari e le interviste evidenziano anche un fatto ben noto: la totale assenza di una politica statale, regionale e anche europea per lo sviluppo delle aree montane. Fatta eccezione per lodevoli iniziative di enti pubblici (vedi le borse di studio per i laureati della Comunità Montana Comelico e Sappada o della Magnifica Comunità di Cadore) manca assolutamente una visione strategica e di lungo periodo per le aree montane.

Ferrario conclude la sua ricerca con proposte concrete. Il “brain-gain”, la permanenza o il ritorno dei laureati in Comelico, deve essere considerato coma fattore di sviluppo ineludibile. E ciò può essere ottenuto solo creando opportunità di lavoro legate alla conoscenza del territorio e delle sue potenzialità, ma soprattutto puntando alla vera ricchezza del Comelico e dei suoi abitanti: la qualità della vita e l’attaccamento alle proprie radici e al senso di appartenenza alla comunità. Elementi che hanno già dimostrato la loro efficacia, come dimostra la ricerca di Elena Ferrario.

 

LA TAVOLA ROTONDA

Dopo l’illustrazione dei risultati della ricerca, si è svolta una tavola rotonda cui hanno partecipato a vario titolo rappresentanti delle istituzioni, giovani laureati, imprenditori e operatori del turismo. In apertura il prof. Mauro Pascolini dell’Università di Udine, ha suggerito alcune parole chiave per il successivo dibattito: la scala geografica per l’analisi che suggerisce situazioni diverse per aree genericamente considerate simili, infatti la montagna non è sempre uguale; la necessità di un cambiamento di rotta, perché vi sono segnali, magari piccoli, che questo è possibile; l’equivoco della centralità della montagna, proclamata da tutti a parole ma negata chiaramente nei fatti.

Due giovani laureate del Comelico hanno poi raccontato la loro esperienza. Lara Zandonella è tornata in Comelico grazie ad una opportunità di lavoro valida. Il fatto di vivere in montagna, pur con qualche difficoltà, la rende felice perchè lo stile di vita “slow” è decisamente migliore di quello della città. Silva Costa, per molti anni lontana dal Comelico, in realtà non lo aveva mai abbandonato. Sentiva un richiamo fortissimo per la propria terra e appena è stato possibile, quando cioè ha trovato una buona occasione professionale, è tornata nella sua terra facendo così un salto di qualità.

Il sindaco di Santo Stefano di Cadore Alessandra Buzzo ha rimarcato la necessità di trasmettere come genitori l’importanza delle proprie radici e del senso di appartenenza alla propria terra; come amministratore pubblico ha lamentato il vuoto assoluto delle politiche statali e regionali per la montagna. La sua amministrazione fatta anche da molti giovani cerca di dare spazio alle istanze del mondo giovanile, ma non sempre c’è dialogo.

Adriano Zandonella, presidente dell’Associazione Regole, ha focalizzato l’attenzione sull’ambiente e sulla qualità della vita come primo elemento per la permanenza dei giovani in Comelico. L’aspetto professionale è più complesso, in quanto spesso è difficile per un giovane affermarsi in settori particolari. Ricorda come l’esperienza democratica delle Regole, con la loro storia secolare, sintetizza l’entusiasmo dei giovani e la saggezza degli anziani come condizione essenziale per lo sviluppo.

Alfredo Comis, imprenditore di Santo Stefano di Cadore, ha portato una parola di ottimismo. Nonostante la crisi imperante proprio in montagna le attività commerciali e artigianali resistono bene grazie alla solidarietà locale, alla forza della comunità.

Per raccogliere le interessanti proposte di Elena Ferrario è necessaria un’azione che porti a fare “lobby”, a riunire cioè tutte le risorse dei laureati del Comelico in Italia e all’estero, così da favorire al massimo l’inversione di tendenza allo spopolamento.

Valerio Piller Roner, presidente della Fondazione CST, conferma che il senso di identità è la vera forza dei montanari, il valore aggiunto che può portare a risultati concreti. Primo tra tutti la consapevolezza che la ricchezza dell’ambiente va tutelata e valorizzata nei confronti di chi “sfrutta” la montagna, lasciando in loco solo le briciole. Però è necessario crederci davvero. Accoglie la proposta di Alfredo Comis, come Fondazione CST si avvierà un’azione in questo senso.

Gianluigi Topran D’Agata, presidente del Consorzio turistico Val Comelico Dolomiti, ha chiuso la tavola rotonda soffermandosi sul tema del turismo come elemento unificatore per l’intera comunità. Spesso la tentazione di fare da soli a livello politico o associativo è forte. La soluzione è invece opposta. Solo facendo sistema in modo unitario e condiviso è possibile invertire la tendenza negativa.